Ultimamente mi capita spesso di riflettere sulla nostra ossessione di voler dare per forza un nome a tutto: questa è una guerra; no, non è una guerra, è un’invasione; costui è un criminale, quest’altro un guerrafondaio, ecc.

Sembriamo tutti così saccenti e arroganti, assieme ai giornalisti, che non ci aiutano a capire e a riflettere: sempliciotti e superficiali. Con i loro scritti che lasciano il tempo che trova. Mentre noi ci informiamo in rete, rivendicando di essere gli unici privilegiati ad aver trovato le fonti oneste, serie e veritiere.

Ragionando su questo mi è venuta in mente una poesia di Rainer Maria Rilke del 1899 („Ich fürchte mich so vor der Menschen Wort“), che ho tentato di interpretare in chiave contemporanea, facendola mia, con l’intento di condividerla con i più giovani, che magari in tutto questo macello degli ultimi anni non ci stanno capendo più nulla e stanno iniziando a perdere definitivamente la loro stima per noi “adulti”.

Voi, cosa ne pensate?